sabato 31 agosto 2013

Rumore Bianco, Don De Lillo

Ambientato in un college del Midwest, Rumore Bianco di De Lillo, immenso autore della
fortunata scuola americana post modernista, racconta la paura della morte attraverso un uomo, Jack Gladney, professore, esponente massimo del corso di studi hitleriani della città, più volte risposatosi, cronicamente ossessionato dalla paura della morte e della malattia.
De Lillo racconta il mondo di quest'uomo e lo fa attraverso suggestioni date da un registro narrativo capace di funambolici intrecci di parole spesso ricercate, segno distintivo - in questo romanzo più che in altri - dell'abilità e la bravura dell'autore e della sua capacità nel costruire una gabbia che imprigiona il lettore tenendolo incollato a ogni pagina. Un crescere lento ma costante, silenzioso ma letale come la nube di tossina che si espande a seguito di un incidente ferroviario e che stringe la città in una morsa che soffoca Jack, gettandolo in un turbine di emozioni, sentimenti, sensazioni.
L'uomo che cade, altro romanzo di De Lillo ma di 22 anni dopo rispetto all'uscito di Rumore Bianco, è presente nella vita del professore del Midwest, perché Gladney precipita legato a una corda nel turbine delle sue paure raggiungendo l'apice massimo quando finisce per cercare il Dylar, farmaco ritenuto capace di alleviare la paura della morte, farmaco per la cui sperimentazione la moglie di Jack, Babette, si è offerta volontaria manifestando dunque una paura meno egoista rispetto a quella del professore. Contrasto tra due esternazioni differenti tuttavia entrambe estreme e prive di controllo.
Chiari, seppur paradossali, sono i riferimenti all'incomunicabilità del mondo moderno. L'ex moglie di Jack sa l'inglese ma dialoga con lo stesso in spagnolo e portoghese; lo stesso professore è esperto in studi hitleriani ma non mastica nemmeno un po' di tedesco. Nel mezzo c'è il rumore che disturba e interferisce costringendo i personaggi a sforzi continui per comprendersi. E quel rumore è la paura, l'inadattabilità a un mondo creato sul terrore psicologico, sulla pressione dei  media capaci di battezzare come figli da accudire tempeste e uragani spettacolarizzando il disastro.
La televisione, il supermercato, il mondo globalizzato e globalizzante, l'America di provincia così lontana, così vicina a tante realtà italiane, già perfettamente raccontata da Altman in America Oggi. C'è tutto questo in Rumore Bianco, edito in Italia da Einaudi, datato 1985 ma pur sempre attuale nell'epoca del Sarin lanciato nell'etere come casus belli per guerre imperialiste di ogni tipo; e la televisione, arma di distrazione di massa che lancia messaggi in distorsione così come il rumore bianco, quell'intenso e continuo segnale che ci costringe a uno sforzo sovrumano per captare la verità, spesso inesistente, dietro le onde medie dell'informazione manipolata.